Yemen: il conflitto che il mondo ha scelto di ignorare
- Valerio Lall

- 24 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 26 apr
Il conflitto yemenita ha origine nel 2014, quando i ribelli Houthi— un movimento sciita Zaydita proveniente dal nord del Paese — hanno preso il controllo della capitale Sana'a, costringendo il governo internazionalmente riconosciuto alla fuga. Nel marzo 2015, l’Arabia Saudita ha guidato una coalizione militare, con il supporto degli Emirati Arabi Uniti, per ristabilire il governo. Da allora, il conflitto ha assunto anche una dimensione regionale, con Teheran accusata di sostenere gli Houthi, alimentando una guerra per procura tra Iran e Arabia Saudita.

A più di dieci anni dallo scoppio del conflitto, la guerra in Yemen non è finita, anzi. Il paese rimane un teatro di violenza, instabilità e povertà estrema. La recente escalation militare, culminata con gli attacchi aerei statunitensi contro le posizioni dei ribelli Houthi nel marzo 2025, ha riportato l'attenzione internazionale su un conflitto che spesso scivola ai margini del dibattito pubblico. Ma dietro le bombe, ci sono le storie dimenticate di milioni di persone.
Secondo l'ONG Azione contro la Fame, nel 2025 ben 19,5 milioni di yemeniti hanno bisogno di assistenza umanitaria. L'82% della popolazione vive in condizioni di povertà multidimensionale.Malnutrizione, mancanza di acqua potabile, collasso del sistema sanitario sono solo alcune delle emergenze quotidiane. Secondo i dati più recenti, oltre 2,2 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta in Yemen, e molti di loro vivono in aree remote, difficili da raggiungere a causa dell’insicurezza. In queste condizioni, ogni giorno può essere una sentenza di morte silenziosa.
Nonostante l’arduo contesto, la guerra continua e gli attacchisferrati dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, motivati dalla necessità di proteggere le rotte commerciali nel Mar Rosso dopo oltre cento attacchi Houthi a navi mercantili, hanno colpito obiettivi militari ma anche zone civili. Almeno 53 persone sono morte nei bombardamenti di metà marzo.
E mentre sul terreno la situazione peggiora, paradossalmente i finanziamenti internazionali si riducono. Le cause sono molteplici: l'insicurezza che impedisce alle ONG di operare, i tagli ai bilanci dei paesi donatori, la sfiducia verso le autorità locali accusate di manipolare gli aiuti, e la stanchezza dell'opinione pubblica nei confronti di una crisi cronica. Come spesso accade, la povertà non basta più a garantire attenzione e solidarietà.
In questo contesto, anche l'Italia ha giocato un ruolo importante, benché ambivalente. Sul fronte della sicurezza, ha assunto il comando operativo dell'Operazione Aspides, la missione navale dell'UE per proteggere la navigazione nel Mar Rosso. Nave Caio Duilio prima e Virginio Fasan poi hanno operato nell'area sotto comando italiano, con mandato difensivo ma potere di risposta armata.
Ma c'è anche l'altra faccia della medaglia. L'Italia è stata più volte criticata per l'export di armi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, paesi coinvolti direttamente nel conflitto. Alcuni ordigni italiani sono stati ritrovati in attacchi che hanno ucciso civili yemeniti. La società civile e diverse ONG hanno sollevato dubbi sulla compatibilità di queste esportazioni con il diritto internazionale umanitario. Infatti, secondo il trattato ratificato anche dall’Italia sul Commercio delle Armi (ATT), in particolare negli articoli 6 (3) e 7, uno Stato ha il dovere di valutare il rischio che le armi esportate possano essere usate per violazioni gravi dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario. Inoltre, le Convenzioni di Ginevra, pilastro della protezione dei civili nei conflitti armati, impongono limiti severi all’uso della forza e al rispetto della distinzione tra obiettivi militari e civili. Le denunce delle ONG suggeriscono che, in diversi casi, questi principi siano stati violati.
Il governo italiano, da parte sua, ha condannato pubblicamente gli attacchi ai civili e ha sostenuto in Parlamento la partecipazione alla missione europea come strumento per contenere il conflitto e garantire la sicurezza energetica e commerciale.
Eppure, la sensazione è che la crisi yemenita rimanga fondamentalmente una crisi dimenticata. Troppo complessa, troppo lontana, troppo cronica. Ma è proprio in questi scenari che la responsabilità della comunità internazionale, Italia compresa, dovrebbe farsi più chiara, più coerente e, soprattutto, più umana.
Bibliografia
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- Azione Contro la Fame. “Dieci Anni Di Guerra in Yemen, Una Crisi Umanitaria Senza Fine.” Azione Contro la Fame, March 26, 2025. https://azionecontrolafame.it/news/dieci-anni-di-guerra-in-yemen/.
- Euronews. “Yemen, Gli Stati Uniti: "Eliminati i Principali Leader Houti”.” Euronews, March 24, 2025.
- Il Fatto Quotidiano. “Attacco Su Larga Scala Degli Usa Contro Obiettivi Nello Yemen Controllato Dagli Houthi. ‘L’Iran Smetta Di Sostenerli o Non Saremo Gentili.’” Il Fatto Quotidiano, March 15, 2025.
- Klawans, Justin. Yemen Is the next Humanitarian Crisis in the Middle East, April 4, 2025.
- Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. “L’Italia Condanna Il Recente Bombardamento in Yemen.” Rappresentanza Onu Ginevra. Accessed April 12, 2025. https://italiarappginevra.esteri.it/it/news/dalla_rappresentanza/2022/01/l-italia-condanna-il-recente-bombardamento/.
- Rete Italiana Pace e Disarmo. “‘prodotto in Italia, Bombardato in Yemen’. Le Responsabilità Di Governo e Aziende.” Controllo export armi, October 27, 2020. https://retepacedisarmo.org/export-armi/2020/10/prodotto-in-italia-bombardato-in-yemen-le-responsabilita-di-governo-e-aziende/.
- UNICEF. “La Tragedia Dello Yemen: Ogni 10 Minuti UN Bambino Muore per Fame O Malattie.” UNICEF Italia, December 12, 2016. https://www.unicef.it/media/in-yemen-ogni-10-minuti-un-bambino-muore-per-malattie-prevenibili/.







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