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Immagine del redattoreJakob Joseph Burkhart

Il tour europeo di Xi

Alla fine dello scorso anno, il capo della diplomazia dell’UE, Josep Borrell si è lamentato del fatto che il deficit commerciale della Cina con l’Europa stava aumentando vertiginosamente. Il mercato cinese stava diventando sempre più complesso per le aziende europee, che esportano molto nel Dragone. Egli ammonì Xi in quell’occasione a Pechino che “o l’economia cinese si apre di più, oppure si potrebbe avere una reazione da parte nostra”. [1] La risposta è arrivata più volte, l’ultima è arrivata la settimana scorsa negli uffici a Varsavia e Praga della Nuctech, un’azienda manifatturiera cinese.

Come abbiamo già evidenziato nell’articolo sul nucleare tedesco (ma anche in altri), le tensioni commerciali fra Pechino e Bruxelles sono piuttosto alte. Le aziende cinesi vendono la loro merce a un prezzo più basso rispetto a quelle europee. Inoltre, Bruxelles lamenta che nella Repubblica Popolare le aziende godono di sussidi statali, i quali vanno a falsare la libera concorrenza: d'altronde, uno dei principi cardine del mercato interno dell’Unione è, appunto, un mercato libero da sussidi statali.

È giusto ricordare anche, che l’Unione Europea ha sovranità esclusiva in materia di politica commerciale – vedi articolo 207 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) –, chiamata anche Politica commerciale comune (PCC). Però gli Stati membro un ruolo ce l’hanno, ovvero al Consiglio dell’UE (noto anche come Consiglio dei ministri dell’UE).

 

Xi Jinping ha scelto tre mete per il suo viaggio nel Vecchio continente: Francia, Serbia e Ungheria. Secondo il NYTimes si tratta di tre paesi che “a vari livelli abbracciano la spinta di Pechino per un nuovo ordine globale”.[2] Un ordinale globale dove i legami tra le due sponde dell’Atlantico sono più allentati.

Si tratta della prima visita dal 2019 e, a parer nostro, non è un caso che abbia scelto tre paesi che vorrebbero avere più autonomia da Washington e vedono in Pechino una potenza per controbilanciare l’alleato oltre-oceano. E non è un caso che faccia ciò prima delle elezioni europee, che potrebbero vedere uno slittamento verso destra nella maggioranza parlamentare e formare una coalizione fra popolari, conservatori e, chissà, anche i liberali di Renew Europe (dove Macron è azionista di maggioranza).

A questo riguardo vorremmo ricordare le parole di Macron, che vorrebbe che l’UE intraprenda una complessa e complicata terza via a metà tra le due potenze. Emblematico è il passaggio del presidente francese a Pechino nell’aprile 2023: "Il grande rischio per l'Ue è rimanere intrappolata in crisi non sue, che le impediscono di costruire la sua autonomia strategica". Precisa però “non credo dovremmo ciecamente seguire gli Stati Uniti, ma parlare di neutralità o equidistanza non è molto realistico, perché né i nostri valori né i nostri interessi sono equidistanti da Washington e Pechino”. [3] Parole che a distanza di un anno sembrano ancora attuali.


Tornando ai giorni nostri, lunedì Macron e la von der Leyen hanno avvertito il capo il segretario del Partito comunista cinese (PCC) che l’UE dovrà proteggersi dagli imports a basso prezzo del Dragone [4]; oltre a chiedergli di ridurre il sostegno a Mosca nel conflitto contro Kiev. Secondo alcuni analisti, da maggio potrebbero partire i dazi europei sulle auto elettriche cinesi.[5] Xi ha risposto alle dichiarazioni di Ursula von der Leyen dicendo che vorrebbe rafforzare il coordinamento strategico con l’Europa e rimanere partner - il che vuol dire tutto e non vuol dire niente. Per quanto riguarda la sovracapacità produttiva cinese, secondo il leader del dragone, questa non esiste.

Macron, infine, ha dichiarato che, alla luce della situazione internazionale, vi è bisogno un forte bisogno di un dialogo con Pechino. Martedì, poi, l’inquilino dell’Eliseo ha portato il leader cinese sui Pirenei - la sua infanzia -, aggiungendo un tocco personale alla visita. È plausibile che egli abbia voluto arricchire il suo legame con Xi.


Concludiamo, dicendo che Xi nella sua visita in Serbia ha sottolineato gli stretti legami con un alleato che condivide la diffidenza nei confronti degli Stati Uniti, oltre che a commemorare il 25esimo anniversario di un attacco aereo statunitense mal indirizzato che ha distrutto l’ambasciata cinese a Belgrado - durante la guerra nei Balcani alla luce della dissoluzione della Jugoslavia. Un gesto simbolico con un suo discreto significato.

Invece, sul lato ungherese, il leader cinese ha sottolineato e applaudito alla politica estera, da lui definita, “indipendente”. Inoltre, ha chiesto a Budapest di “guidare” le relazioni delle nazioni dell’Europa centrale e orientale con la Cina in una lettera pubblicata dal quotidiano ungherese Magyar Nemzet. [6]


Tirando le somme, la visita di Xi non è passata inosservata. Secondo alcuni analisti l’ambizione del leader cinese era quella di dividere l’UE dalla NATO. Cosa significa? Beh, se da un lato Washington vorrebbe che Bruxelles adottasse una posizione più ferma nei confronti di Pechino, le cancellerie europee però devono fare i conti con l’esposizione e l’interdipendenza economica tra le due sponde dell’Eurasia.

Un compromesso fra le due richieste si può trovare - magari proprio la terza via di Macron, che però ha bisogno di credibilità -, seppur al momento possa sembrare difficile. Sicuramente delle riflessioni dovranno essere fatte e bisogna ponderare bene ogni circostanza. Certo è, però, che a Bruxelles hanno dei grossi dilemmi: sicurezza economica (per proteggere il mercato interno) contro libero mercato (in senso ampio) e sicurezza statunitense contro sicurezza ‘home-made’ - al momento più un (buon) auspicio che una realtà. 

 

 

Bibliografia e note:

 

[1] LEAHY Joe, Why Xi Jinping is afraid to unleash China’s consumers, in ft.com, 1 maggio 2024.

 

[2] COHEN Roger e BUCKLEY Chris, Xi Visits Europe, Seeking Strategic Opportunity, in nytimes.com, 5 maggio 2024.

 

[3] LORY Gregoire e GENOVESE Vincenzo, La complicata "terza via" di Macron fra Cina e Stati Uniti, in euronews.com, 12 aprile 2023.

 

[4] Secondo la presidente della Commissione europea i bassi prezzi cinesi non solo arrecano danno alle imprese e all’economia europea, ma provocano distorsioni del mercato anche ad altri paesi (del G7 ed emergenti). L’intento chiaro è di lavorare sulla sovracapacità produttiva cinese, soprattutto pannelli solari, auto elettriche ecc., insomma tutti beni che hanno a che fare con la transizione energetica.


[5] In un recente articolo del Financial Times, Gloria Li, fa notare che i concessionari cinesi stanno abbandonando le auto a combustione di marca straniera a favore dei veicoli elettrici di casa. Questo è un campanello d’allarme, poiché soprattutto la Germania (prima economia europea e grande esportatrice di macchine, soprattutto di lusso) è particolarmente esposta a questo mercato.


[6] LEAHY Joe, WENJIE Ding, DUNAI Marton, KYNGE James, Xi Jinping praises Hungary’s ‘independent’ foreign policy ahead of Orbán meeting,  in ft.com, 8 maggio 2024.

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