Il 4 dicembre 2016 si votava per il Disegno di Legge costituzionale Boschi-Renzi.

Il referendum, fortemente voluto dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sussisteva in cinque quesiti: superamento del bicameralismo paritario; riduzione dei parlamentari; contenimento dei costi dello stato; abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro; superamento del Titolo V della Costituzione.
Inizialmente appoggiato, secondo i sondaggi, dalla maggior parte degli italiani, una volta iniziata la campagna referendaria - in particolare con la creazione dei comitati contrari - si assisteva ad un ribaltamento dei consensi.
Concordi con il Disegno di Legge erano: il Partito Democratico (escluse le minoranze come quella di Bersani e D’Alema); Area Popolare e Scelta Civica; altre organizzazioni come CISL, Coldiretti e Confindustria.
I contrari invece erano tutte gli altri partiti e le associazioni: da Rifondazione Comunista alla Lega, da Fratelli d’Italia alla CGIL.
Ambigua invece la posizione di Forza Italia, che inizialmente appoggiava i quesiti del referendum per poi cambiare idea in corso d’opera. Forti i dubbi sui quesiti proposti: da un senato non più utile e non votato dagli italiani; riduzione di costi non realmente comprensibile; riduzione dei poteri alle regioni; conflitti tra le due camere dello Stato.
Quando Renzi aveva annunciato una sua uscita dalla politica nel caso di una sconfitta nel referendum, si era intestato completamente la causa ed è diventata una elezione per approvare o meno il suo operato.
I risultati hanno visto la vittoria del No con poco più del 59% e hanno decretato la fine del Governo Renzi.
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