Articolo di Jakob Joseph Burkhart e Edoardo Cei
Nonostante l'ONU sia un'organizzazione internazionale intergovernativa, di fatto risulta difficile non definirla estensivamente, poiché diverse sono le classificazioni che se ne fanno. Le definizioni sono molte, alcune sovrapponibili e altre contrastanti, ad esempio alcuni la definiscono come una sorta di governo mondiale, altri non riescono a percepirne lo scopo, mentre altri ancora non colgono l'interna sovrapposizione di due organi distinti (Assemblea generale e Consiglio di Sicurezza), con formazioni, ruoli e incisività differenti.
Un lato certamente positivo è che nell’Assemblea Generale, gli Stati membri trovano uno spazio per esprimere la loro posizione su tematiche di interesse globale. In questo organo, da alcuni decenni, sta diviene sempre più evidente una corrente terzomondista, che sta iniziando a contestare l’Ordine Internazionale Liberale così come è stato concepito negli anni Novanta. Il primo campanello d’allarme per le cancellerie occidentali è arrivato dopo il 24 febbraio 2022, quando le truppe di Mosca invasero le regioni orientali dell’Ucraina. In sede ONU, emerse uno schieramento composto da vari Paesi che non condannarono fermamente l’invasione. Una delle chiavi di lettura, probabilmente la più veritiera, è che molti Paesi del sud globale non appoggiassero le azioni del Cremlino: invece, si trattava di un voto di protesta proprio contro l’Occidente, accusato di non aver rispettato le promesse di libertà e progresso su cui si fonda l’intero ordinamento liberale.
Sul nostro pianeta vivono circa 8 miliardi di persone, e l’unico paese occidentale tra i 10 più popolosi sono gli Stati Uniti - con l’Unione Europea al terzo posto davanti agli statunitensi.[1] Dunque, dal punto di vista demografico, l’Occidente non può rivendicare alcuna preminenza. Questo pone un problema di rappresentatività quando nella comunità internazionale e nelle sue istituzioni (come l’ONU), poiché dal punto di vista numerico i paesi del terzo mondo rappresentano una schiacciante maggioranza. Si prenda come esempio una recente risoluzione dell’Assemblea Generale che invitava il Consiglio di Sicurezza a considerare l’assegnamento dello status di Osservatore permanente alla Palestina: pur risultando in un nulla di fatto per il veto di Washington, solo 9 membri votarono contro la risoluzione, mentre 25 si astennero.
Questo tema si è riproposto nell’ultimo anno, dopo l’attentato del 7 Ottobre - data non casuale visto che si tratta dell’anniversario della guerra del Kippur. Il giorno successivo, lo Stato ebraico ha dichiarato lo stato di guerra, definendo come obiettivo ufficiale la liberazione degli ostaggi israeliani e il definitivo annientamento di Hamas. Le immagini e video di bombardamenti, sfollati, feriti e vittime della Guerra di Gaza hanno profondamente colpito l’opinione pubblica globale. Questo ha determinato una estrema polarizzazione tra chi condannava e chi giustificava le azioni di Israele, che hanno provocato una crisi umanitaria senza precedenti e che hanno scaturito svariate condanne anche in sede ONU. Non sono mancati attacchi per la condotta del governo di Netanyahu anche da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ed è ancora pendente l’accusa del Sudafrica ad Israele per “condotta genocida” contro i palestinesi presentata dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja – a cui il governo israeliano risponde con fermezza che tale affermazione è “priva di fondamento”. [2]
Dall’inizio dell’invasione di Gaza, hanno ritrovato vigore posizioni terzomondiste e anti-occidentali non solo nelle relazioni internazionali, ma anche nella società civile, e soprattutto tra i giovani. I motivi sono molteplici, e spiegarli richiederebbe più approfondimenti. Da un lato, soprattutto in Europa, una parte consistente dei cittadini è sempre più disinteressata alla politica e alla guerra. Ma se alcuni decenni fa il sostegno morale verso Israele sarebbe stato più diffuso, la situazione nel 2024 sembra cambiata se non quasi ribaltata. D’altronde, la storia è ciclica e la società cambia, così come anche le convinzioni più ferree.
Con l'invasione di Israele della Striscia di Gaza, si evidenzia in Occidente una frattura tra istituzioni e società civile. Infatti, la maggior parte dei governi europei e gli Stati Uniti hanno espresso un sostegno incondizionato ad Israele (con poche eccezioni: ad esempio, Spagna e Irlanda, che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina in contrasto con Tel Aviv). Diversamente, soprattutto tra i giovani, ma non esclusivamente, è forte la simpatia per la causa palestinese. Numerose sono le manifestazioni in nome dello slogan “Free Palestine” apparse nelle maggiori città occidentali, sostenute da numerose associazioni politiche per il riconoscimento dei diritti civili, organizzazioni non-governative e giovani attivisti.
Inoltre, come abbiamo potuto notare dalla Primavera Araba in poi, i social networks sono diventati sempre più centrali nella comunicazione politica e come strumento di denuncia anche nelle regioni mediorientali e soprattutto per la popolazione giovanile. Queste piattaforme sono diventate il principale mezzo per raccontare il conflitto, quasi più dei media tradizionali, data la rapidità e la viralità dei contenuti legati alla guerra di Gaza. Strumento non solo delle popolazioni colpite, ma anche degli utenti virtuali, che hanno potuto toccare la cruda realtà dei fatti ed esprimere una sempre maggiore indignazione. Un perfetto esempio è rappresentato dal diffusissimo trend “All Eyes on Rafah”, il quale è arrivato a milioni di utenti nel mese di giugno.
In alcuni casi, si è degenerati nella violenza organizzata e nell’antisemitismo: infatti, nell’ultimo anno, diversi sono stati gli attacchi alla comunità ebraica, come il tentato atto terroristico nei confronti della comunità di Mendoza, in Argentina e numerosi episodi avvenuti in Francia. Qui, qualche mese fa, prima delle elezioni presidenziali, sono stati sventati diversi attentati contro ebrei parigini, uno stupro di gruppo antisemita e una aggressione ad adolescenti fuori da un cinema. [5][6] Se, da un lato, è vero che le guerre portano morte e devastazione, è altrettanto vero che generino una spirale di odio e discriminazione tale da provocare una spaccatura nella società civile: ad aggravare la situazione, una politica spesso irresponsabile soffia sul fuoco, esacerbando la frammentazione. Numerose associazioni religiose, come la comunità ebraica di Roma, e numerosi studi condotti da apparati internazionali, come la European Union Agency for Human Rights, attestano un aumento dell’antisemitismo in tutto il mondo occidentale, il che ci porta a ricordare inesorabilmente uno dei periodi più bui della storia dell’umanità. Per concludere, è doveroso però notare che, parallelamente, è aumentato anche un sentimento anti-islamico sempre più profondo e radicato, soprattutto nei paesi con consistenti minoranza arabo-islamiche, la quale spesso, erroneamente, identifica la semplice religione con gli estremismi e il terrorismo. Oggi come non mai serve moderazione all’interno del dibattito pubblico occidentale, e la causa di tale mancanza deve essere trovata nella classe politica. Perché se è vero che le guerre polarizzano, è altresì vero che la classe politica si debba impegnare a creare una narrazione che non sfoci negli estremismi più beceri.
Bibliografia:
[1] Current World Population, https://www.worldometers.info/world-population/
[2] Gaza: Il Sudafrica accusa Israele di “condotta genocida” davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, in uniric.org.
[3] Terzomondismo, in treccani.it.
[4] What does woke culture even mean? How a decades-old racial justice term became co-opted by politics. Forbes, 2023. https://www.forbes.com/sites/conormurray/2023/06/06/what-does-woke-even-meanhow-a-decades-old-racial-justice-term-became-co-opted-by-politics/
[5]https://www.mosaico-cem.it/attualita-e-news/mondo/argentina-smantellata-una-cel lula-terrorista-che-pianificava-attacchi-alla-comunita-ebraica-di-mendoza/
[6] Il Foglio, 3 luglio 2024, di Giulio Meotti: https://www.ilfoglio.it/esteri/2024/07/03/news/-non-c-e-futuro-per-gli-ebrei-in-francia-lantisemitismo-e-i-casi-di-violenza-6708959
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